La maschera di Euridice

La maschera di Euridice

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Silvia Elena Di Donato

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Pag. 100

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Descrizione

INVITO ALLA LETTURA

di Federico LEONI

Chi scopre l’interpretazione di queste parole

non saprà la morte

Vangelo di Tommaso, 1

     Chi ama la vita della mente praticando l’edonismo della lettura alla ricerca di parole potenti a dire, troverà invitanti i distillati di parole e versi di Silvia Elena Di Donato raccolti in La maschera di Euridice: gli sarà sufficiente leggere il distico sapienziale Unico imperdonabile peccato / è non essere felici che conclude la prima poesia. Fedele lettore di Jorge Luis Borges, sospetto l’eco di un suo verso e apprezzo la capacità di Di Donato di risemantizzarlo autonomamente nel suo poetare colto che invita ad una proficua lettura colta per interpretare le sue prove. 

     Prove nelle quali scrive andando molto a capo, i versi sono brevi, anche di una sola parola, senza punteggiatura, nei quali il lettore è invitato a cogliere relazioni, accostamenti che producono senso. È un suo stilema controllato e anche, forse, la dinamica della sua mente creativa. 

     Ho trovato sulla Domenica de IlSole24Ore del 30 settembre 2018 una meditazione di Paola Mastrocola sullo stato della poesia oggi in Italia. Vi racconta di aver chiesto a qualcuno cosa facciano oggi i poeti. Vanno a capo, è la risposta. Folgorante – è il commento, che prosegue: Già. La poesia è andare a capo a ogni verso. Ma se diventa soltanto andare a capo? Di Donato, nel suo andare a capo, non va soltanto a capo: nel suo andarci, ogni volta inizia un mondo, espande luniverso del senso creando un campo semantico nuovo. Scrive poesie persuase, risponde a chiamate. Tornerò poi su questo tema.

Esistenza è canto, così inizia il primo dei Sonetti a Orfeo di Rainer Maria Rilke: l’esistenza di RilkeOrfeo. Come da mito, col suo volerla guardare prima del consentito, Orfeo condanna Euridice a restare tra le ombre, e sé stesso a poterla, forse segretamente volerla, solo cantare. Rilke si identifica con Orfeo. Di Donato rielabora il mito. Sul limite dell’accadere, contro ogni nichilismo, Euridice fa sua l’arma poetica di Orfeo, ed è lei a cantare. Questa è l’interpretazione che ho scoperto della difficile poesia che dà il titolo alla raccolta. Da questo gesto nascono le poesie di Di DonatoEuridice: esistenza è canto si trasforma in una affermazione agonistica, lieta, nella difficoltà estrema,  mentre in Rilke è rassegnazione malinconica. Di Donato transita da tristezza a letizia, a potenza d’agire, le sue poesie meditano sulla vita, non sulla morte.          

     Rilke scrisse i Sonetti mentre stava concludendo le Elegie duinesi, la cui decima e ultima conclude con la scoperta dell’emozione / quasi sconcertante / di quando cosa ch’è felice, accade. Le poesie di Di Donato, felici, accadonoinvitando accoglienti chi leggerà all’enigma dell’incontro, alla lettura come felicità, mistero del tempo condiviso, o eternità, con un’espressione di Borges, il quale conclude una sua poesia sulla felicità con questo verso: Chi legge le mie parole sta inventandole.

     Faccio ricorso a echi della mia biblioteca. Con Elias Canetti direi che le poesie di Di Donato accadono come grappoli di parole che arrivano di colpo, specie quelle brevi, o singole strofe e versi delle più lunghe e i loro nessi, accostamenti, nella meditata e controllata costruzione del testo a partire dal titolo, che ne è parte integrante. Con Borges, direi che accadono per la prima volta, ma in modo eterno. Con il Prologo del Vangelo di Giovanni e con Baruch Spinoza, come parole che si fanno carne, che vuol direefficacicome azioni: se è lecito dire così, come parolazioni della mente causa di sé. Col loro apparire, e con il leggerle, resta lontano dal dubbio la buia domanda che è un verso  di Friedrich Höelderlin, in Veduta.  Accadono come finestre che si aprono alla mente prigioniera. Emily Dickinson direbbe di ognuna:Una nuvola curiosa sorprese il cielo; cerca la maglia rotta / nella rete che ci stringe, scrive Eugenio Montale: Di Donato lo fa. 

     Ha scritto da qualche parte lo psicologo cognitivo Paolo Legrenzi: La forza con cui noi affrontiamo gli altri e la vita, in certi momenti si coagula, si concentra, e illumina un pezzo di realtà che assorbe le nostre emozioni. Siamo catturati da “chiamate”Tutte le nostre risorse cognitive ed emotive sono assorbite da quel punto. Dobbiamo immergerci in quel pezzo di mondo. Non siamo noi ad avergli rivolto l’attenzione, è quel punto che l’ha richiesta. È un invito alle nostre emozioni prive di funzioni strumentali: una nuova realtà ci chiama. Gli psicologi non hanno ancora formulato una teoria della chiamatadice Legrenzi, ma qui non importa. Le poesie di Di Donato appaiono nascere dachiamate. La potenza d’agire della sua mente si coagula, si concentra, e illumina ciò che la chiama in metafore di senso potenti a dire. Per questo sono poesie persuase e invitano ad una lettura persuasa: mi riferisco a Carlo Michelstaedter, alla sua opposizione tra ciò che chiama persuasione e ciò che chiamaretorica.

     Chi legge, normalmente entra in una libreria, e sullo scaffale di poesia cè una chiamata, La maschera di Euridiceche invita a risponderle: non c’è nulla da perdere e un mondo da guadagnare a farlo. 

     All’edonismo di chi le leggerà, le poesie di Di Donato non piaceranno tutte allo stesso modo, è ovvio, qualcuna più di qualcun’altra, dipenderà dalla situazione in cui le leggerà. In generale, ogni discorso è sempre situato: le poesie di Di Donato sono di quelle che padroneggiano le diverse situazioni di soglia di cui sono scrittura producendone senso. La lettura accoglierà l’invito al circolo virtuoso dell’interpretazione produttiva. Il poeta Alessandro Fo versifica del movimento a scendere dello scrivere, dal cervello alla carta, cifrando in simboli un’idea, che viene risalito dal lettore: così si realizza  lo spicchio di un rapporto, di un progetto, / nientedimeno che un’idea / di Dio.   

      Nelle algebre di parole delle poesie di Di Donato, equazioni di grado alto dal titolo all’ultimo verso e da questo al titolo, chi legge sente e sperimenta di essere eterno, ed empaticamente sente e sperimenta l’attività della mente, l’eternità, di chi scrive. Di qui l’esergo dal Vangelo di Tommaso: buona lettura.